Per chi
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si sente “debole” se condivide contenuti degli altri invece di crearne di propri
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condivide i contenuti degli altri perché lo fanno tutti/perché è meno faticoso che generarli
Chi è che lavora nel settore dei social media e non ha sentito il nome di Guy Kawasaki? Io mi ricordo nel lontano 2006/2007/2008, quando aprivo i miei primi canali social, la presenza di Guy ovunuque. Negli anni (e a maggior ragione essendo io ex-madre-lingua inglese) Guy in un certo senso mi ha fatto compagnia virtuale; spesso sulla timeline di twitter, ogni tanto tramite un post del blog, spessissimo citato da altre fonti social autorevoli (Mashable, Wired e compagnia bella).
Ora, a 60 anni, Guy Kawasaki è pioniere, guru e caso di successo per quanto riguarda i social media. Ed il segreto del suo successo?
La condivisione dei contenuti di altri
Guy cerca e condivide di continuo contenuti di altre persone che lui ritiene utili, interessanti e divertenti per i suoi lettori.
Guy è assolutamente coerente con sé stesso su ogni spazio virtuale dove ha una presenza (social media, forum, siti ecc.)
Guy ha un business model ben definito e tutte le sue attività di condivisione dei contenuti sono mirate a consolidare la sua attività aziendale.
Guy si autodefinisce un chief evangelist, ovvero lui individua dei prodotti/servizi/aziende/persone d’affari che secondo lui hanno un plusvalore significativo per un mercato ben definito, ed attivamente (ma in modo trasparente e chiaro) parla (non “promuove”, parla) dell’argomento in oggetto sui suoi vari canali.
Il following che ha creato negli anni è collossale ed al 90% è composto di persone che hanno costruito un rapporto di fiducia nei suoi confronti; “se lo dice Guy probabilmente è vero”. Ma Guy non solo dà il suo parere ma condivide tantissimo anche i pareri/le notizie da altri fonti. Nota bene la differenza tra “approvare” un contenuto (con un like, preferiti, +1 ecc.) e condividere una notizia. La condivisione di un contenuto porta con sé un elemento di rischio, ancor più per chi, come Guy, ha una platea di ascoltatori molto preparati, attenti e già predisposti a credere nella bontà del contenuto condiviso. Deludere è facile.
Guy condivide circa 60 notizie al giorno (non ci prendiamo in giro – il team di Guy condivide, ve l’ho detto prima, il modello di business è molto forte) sulle varie piattaforme, ripetendo ogni post almeno 4 volte. Lui è molto trasparente su quest’argomento; non si illude che le persone vadano a cercare i contenuti condivisi da lui in un orario diverso da quello in cui vengono postati, e varia orari e giorni per massimizzare la probabilità che vengano visualizzati.
Ma il business model, quale è?
La condivisione dei contenuti o l’attività di evangelist non porta nessun guadagno aziendale in sé. Ma Guy ha una attività editoriale molto forte, ed in più è coinvolto (come investitore o in un ruolo da consigliere) in diverse aziende. Usa la condivisione di contenuti degli altri per crearsi il ruolo di facilitatore affidabile per diverse categorie di persone (tra i quali social media managers, bloggers, scrittori) e di conseguenza crea un forte legame di fiducia tra sé e chi lo segue. Tanta fiducia che gli permette anche di dare ogni tanto visibilità ad un suo prodotto/servizio/azienda pertinente ed interessante.
Ed ecco cosa intendevo per un modello di business forte e coerente. Guy ha trovato il modo di dare alla condivisione dei contenuti un ruolo importante e significativo per raggiungere i suoi obiettivi aziendali.
Come sempre, se facciamo una determinata attività dobbiamo sapere perché lo facciamo. Direi che Guy è un pezzo avanti su quest’argomento e che a 60 anni ha ancora diverse cosine da insegnarci.